Il gioco del pallone col bracciale è diffuso in Italia sin dal Rinascimento. Il “Trattato del giuoco della palla”, scritto nel 1555 da Antonio Scaino da Salò, è il primo documento nel quale vengono codificate regole e dimensioni dei campi di gioco. In quell’epoca il bracciale era il passatempo preferito dai nobili e le corti ospitavano spesso sfide molto accese. Solo nei secoli successivi, analogamente a quanto avvenne in altri Paesi europei, questa disciplina divenne sempre più popolare, fino a diventare, nell’Ottocento, l’autentico sport nazionale italiano. Le regole cinquecentesche, tutto sommato, erano abbastanza simili a quelle odierne. 
La palla può essere colpita al volo o dopo un rimbalzo con un attrezzo di legno, il bracciale appunto, con punte chiamate becchi, bigoli o bischeri (a seconda della regioni), del peso complessivo di circa due chilogrammi. I ruoli sono: battitore, spalla e terzino. In battuta la palla  viene “servita” al battitore da un quarto elemento detto “mandarino”, il cui compito consiste unicamente nel lanciare la palla al capitano.

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